Le trans di san Berillo si raccontano in un film: tra prostituzione e devozione religiosa

CATANIA - “Gesù è morto per i peccati degli altri” è un film documentario di Maria Arena, intelligente e non banale, sulla vita quotidiana di alcune transessuali che si prostituiscono nello storico quartiere di San Berillo, a Catania, che dopo gli anni ’50 e fino al 2000 è stato uno dei quartieri della prostituzione più popolare del mediterraneo. Nel 2000 il quartiere è stato sgombrato, ma un ristretto gruppo di trans ha continuato a lavorare lì.
Le protagoniste sono Franchina, Meri, Marcella, Alessia, Wonder, Santo e Totino. Si raccontano senza timore di apparire poco di buono agli occhi degli altri, si raccontano con la dignità di chi non si sente in difetto o diverso, ma soltanto se stesso. Prostituirsi è il loro lavoro, e solo una di loro dice che lo cambierebbe subito se potesse, le altre non lo cambierebbero e non lo rinnegano. Un parlamentare arriva con una proposta; un corso di formazione per badanti professioniste. Le nostre accettano di frequentarlo, e otterranno il diploma.

“Io rifarei tutto nella mia vita, perché so che c’è un uomo che mi ama più degli altri: Gesù Cristo”, dice una di loro. E su questo il film si concentra, in modo significativo: sul rapporto con la religione cattolica. “Come mai queste sono buttane e poi pregano il signore… non è una contraddizione?”, dice Franchina, la più devota (o per lo meno così viene fuori dalla visione del film). “Ci prostituiamo ma allo stesso tempo crediamo nel messaggio del signore […] Lui dice, io non sono venuto per guarire le contraddizioni, i peccati, non per salvare il mondo. Io sono venuto per salvare il cuore degli uomini”. E quindi conclude Franchina, “lui non vuole che cambi la mia vita, il mio modo di vivere… vuole che cambi i rapporti con le persone nell’ambito in cui vivo”.

Attraverso le transessuali seguiamo la vita a San Berillo, nelle loro postazioni sull’uscio delle porte di casa, dove ogni giorno montano e smontano dal lavoro come un qualsiasi bancarellista, o negoziante. Usciamo anche fuori dal quartiere, giriamo per Catania, assistiamo ai festeggiamenti di Sant’Agata, la patrona della città. Assistiamo a delle situazioni comuni come le analisi del sangue, o una lezione di guida su un piazzale vuoto, una passeggiata con i cani sulla riva del mare, e altri eventi, con uno sguardo che si pone sempre a una giusta distanza, non invadente, non distante, e che ci pone in continuo dialogo con le persone che si raccontano e ci vengono raccontate. Per via di questa giusta distanza, per via di come vengono mostrate, per via anche della loro contagiosa simpatia, abbiamo l’impressione che con poco, con pochi gesti, con poche parole intelligenti, riusciamo a conoscere bene, molto, più del necessario probabilmente, le nostre protagoniste. O come se le conoscessimo già da tempo.

Gesù è morto per i peccati degli altri non è solo un film sui problemi della prostituzione, dove le nostre fanno sentire con forza e lucidità il loro parere, la necessità di una legge che regoli la prostituzioni ad esempio; non è nemmeno un film sulla transessualità, o sulla sessualità in generale; non solo. È anche, e forse la cosa più importante, un film su un mondo che sta scomparendo. O forse già scomparso. La Sicilia di Goliarda Sapienza, di Vitalino Brancati, un mondo che ci viene dalla letteratura e dal cinema che lo hanno saputo raccontare con forza e profondità; sensuale, violento, a volte incoerente e opposto, ma sempre autentico e vibrante. Popolare. Come le nostre protagoniste. Come questo film documentario. Da vedere.

Gesù è morto per i peccati degli altri sarà proiettato questa sera al Cinema King di Catania, alla presenza della regista Maria Arena, la sceneggiatrice Josella Porto e le protagoniste del film. (Luca Tortolini)

 

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