In un liceo l’arrivo di un nuovo professore innesca un violento corto circuito che rompe gli equilibri della classe, facendo emergere le diversità e l’incolmabile differenza fra i loro modi di intendere la vita. Il film “Class enemy”, del regista sloveno Rok Bicek, proiettato ieri al Capodarco l’Altro festival, è stato commentato dal professor Ettore Fedeli. Settantenne, insegnante di fisica in pensione, ex sindaco di Fermo (il primo mandato a 33 anni), Fedeli continua a svolgere varie attività di “volontariato didattico” partecipando a incontri ed iniziative formative nelle scuole. Per la serata aveva anche preparato il testo che proponiamo integralmente: un contributo profondo e di estrema attualità, in cui il film è solo il pretesto per riflettere su quale scuola vogliamo nei giorni in cui si discute della sua ennesima riforma.
La scuola è una delle poche cose sulle quali vale la pena di appassionarsi e discutere e, magari, continuare a impegnarsi perché migliori. Di essa siamo tutti abilitati a parlare, per averla vissuta direttamente come studenti, rivissuta indirettamente come genitori o professionalmente come insegnanti. Se c’è una cosa, però, che questo film ci dice è che nessun punto di vista può pretendere da solo di spiegare una realtà umana così complessa come quella di una comunità scolastica, nella quale interagiscono un’infinità di dinamiche personali, sociali, professionali e istituzionali. Sarebbe bene che lo tenessero ben presente tutti coloro che sono chiamati a decidere della scuola: il governo, i sindacati e il parlamento, che in queste ore voterà la fiducia sulla riforma. Di riforme o pseudo-riforme ne ho viste tante in 40 anni, e mi sono convinto che la bontà di una riforma si giudica da come riesce a migliorare concretamente la qualità del lavoro che insegnanti e studenti svolgono quotidianamente.
Continua a leggere su Redattore sociale.