La Comunità di Capodarco compie 50 anni e festeggia la sua “utopia concreta”

Vinicio

CAPODARCO - “La persona è una sacralità e come tale va rispettata. Lo sforzo è capire come è possibile rispettare la persona e alimentare i suoi sogni, come è possibile renderla felice”. Don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità di Capodarco di Fermo, racconta così l’impegno di una vita a fianco delle persone più deboli. Una strada molto lunga, quella per far accettare la disabilità in Italia, che la Comunità ha percorso con decisione, costruendo intorno ai valori di condivisione, accoglienza e centralità della persona, “l’utopia concreta” di un modello di società inclusiva e alternativa. Una strada lunga 50 anni.

Ieri, nella serata di premiazione dei vincitori del premio L’Anello debole 2016, don Albanesi ha lanciato le iniziative che, dall’autunno in poi, celebreranno i 50 anni dalla fondazione (Natale 1966), con la proiezione in anteprima di un brano del film-documentario, realizzato dalla regista Maria Amata Calò con Roberto Fittipaldi, per l’occasione. Un viaggio nel passato e nel presente, attraverso le tante realtà di accoglienza che in questi anni sono nate, la voce dei fondatori, delle persone accolte e delle famiglie, documenti e filmati d’epoca.

Storia

“Una casa per tutti” la Comunità. Oggi come ieri, in quel Natale del 1966 in cui si concretizzò il sogno di dare una risposta al bisogno di futuro dei disabili: affetti, lavoro, una vita autonoma. Una sfida per l’epoca che, partita da Fermo, si è allargata in Italia e all’estero, radicandosi nel territorio in tantissime “isole” felici, ognuna con la propria peculiarità. E’ nel 1988 che viene scelto definitivamente il nome di Comunità di Capodarco (in origine “Gesù Risorto”) e deciso che ognuna delle strutture esistenti in Italia assuma anche il nome della sede propria dove sorge.

Don FrancoDon Franco Monterubbianesi ricorda la nascita della Comunità, anni in cui nei confronti delle persone disabili “c’era un grande pietismo, ma nessuna legge e nessun diritto”. E racconta quel Natale del 1966 in cui i primi 13 disabili e volontari festeggiarono l’inizio di una nuova vita, arrivando su un pulmino malconcio dagli istituti in cui fino allora avevano vissuto. “Ci dissero - racconta nel video -: questi ragazzi che escono, non ritornano se fallite. E noi ce la mettemmo tutta e non fallimmo”. E’ un “inizio burrascoso e dialettico”, sottolinea don Albanesi. Decine di giovani volontari si uniscono “alla grande impresa” e aiutano a ricostruire e sistemare la villa, dove nel tempo nascono nuove famiglie e bambini (è dell’8 agosto 1970 il primo matrimonio tra disabili) e si creano opportunità di lavoro con la realizzazione di un Centro professionale (una fabbrica di ceramica, una che realizza componenti elettronici e una maglieria).

Comunità

Pronta a nuove sfide, oggi a Comunità di Capodarco di Fermo è una “famiglia enormemente allargata” con bambini e anziani, dove è ormai “difficile distinguere tra chi ha bisogno e chi aiuta”.

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