"Magic Alps”: la storia di un migrante afgano e di Salimah, la sua capra

ROMA  -“Gliel’ho promesso. Le ho promesso che l’avrei riportata sulle montagne. Neve, ricordi, quando era felice. Le ho promesso che l’avrei portata sulle magiche Alpi”. Come gestire la richiesta d’asilo di un migrante arrivato in Italia con la sua capra? È questa la domanda alla base di “Magic Alps”, cortometraggio firmato da Andrea Brusa e Marco Scotuzzi. Il corto racconta la storia vera del primo migrante arrivato nel nostro Paese con un animale: il protagonista è Said, giovane afgano in fuga – insieme con Salimah, la sua capretta – dal suo Paese d’origine. Una volta superato il confine italiano, si trova faccia a faccia con un funzionario che avrà il compito di gestire la sua – la loro – richiesta d’asilo.

I registi sono alla loro terza collaborazione, dopo “Nur”, 2015 e “Respiro”, 2016: tutti affrontano il fenomeno migratorio, da punti di vista tanto diversi quanto inattesi. “In ‘Respiro’, per esempio, raccontavamo la storia vera di una rifugiata siriana che per ricongiungersi con la famiglia in Svezia doveva affrontare un viaggio estremo per varcare il confine italiano – spiegano –. Ci interessano le storie in grado di offrire punti di vista paradossali e inaccessibili al pubblico su mondi e temi particolarmente rilevanti e spesso trattati in modo semplicistico dai media”. 

L’idea di raccontare la storia del primo migrante arrivato in Italia con un animale è nata a Milano, quando la Stazione Centrale è diventata crocevia di tutti i profughi di passaggio in Italia. Brusa e Scotuzzi hanno passato molto tempo tra di loro: “Abbiamo conosciuto tanti volontari e mediatori culturali che ci hanno raccontato la loro esperienza quotidiana e molte delle storie con le quali sono venuti in contatto, tra cui proprio quella di Said”. Così sono cominciate le ricerche insieme con il co-sceneggiatore Giuseppe Isoni: “Per 6 mesi abbiamo lavorato alla scrittura della sceneggiatura”.

E proprio alla Stazione Centrale i registi hanno conosciuto Hassan El Aouni, che nel film interpreta Said: El Aouni lavora in un centro d’accoglienza di Milano. Nel ruolo del funzionario, Giovanni Storti, un terzo del trio comico Aldo Giovanni e Giacomo: “La passione con cui Hassan ci ha raccontato le storie dei rifugiati ci ha colpito subito. Quando abbiamo dovuto scegliere l’attore non abbiamo avuto dubbi: nessuno avrebbe potuto interpretare con quella autenticità il dramma del personaggio. Tra Hassan e Giovanni si è subito creata una bellissima intesa, che ha permesso a entrambi di trasmettere immediatamente al pubblico tutta l’umanità del loro incontro”.

Il centro d’accoglienza nel quale si sviluppa il corto è stato ricostruito nel sotterraneo di una scuola di Limbiate, paese a pochi chilometri di Milano: “Il massimo livello di autenticità è stato fin da subito una delle nostre priorità, per questo abbiamo visto tantissime location prima di scegliere quella giusta. Abbiamo avuto la fortuna di poter coinvolgere come comparse tanti richiedenti asilo che vivono a Milano e che ci hanno aiutato come consulenti in tutti gli aspetti produttivi – sceneggiatura, scenografia, costumi –. Per le immagini abbiamo lavorato fianco a fianco con Giuseppe Favale, uno dei più bravi direttori della fotografia italiani. Insieme a lui ci siamo focalizzati su un uso della luce e delle inquadrature che potesse trasmettere al pubblico il punto di vista del protagonista e il senso di claustrofobia costante per la situazione assurda in cui si è trovato”. 

“La storia era molto interessante e reale, mi ha conquistato subito – conferma Giovanni Storti –. Conoscere le storie delle persone che abbiamo portato sullo schermo e con le quali abbiamo lavorato è stato molto istruttivo: alcuni di loro hanno alle spalle viaggi rocamboleschi, tremendi. Lavorare con una capra, invece, non è facile, è un animale difficile da gestire e non particolarmente intelligente – sorride –. Infatti si dice ‘sei una capra’ per definire un elemento non troppo acuto. I registi sono stati pazienti, io l’ho tenuta a distanza”. Said, spiega l’attore, è rimasto solo con la capretta, che rappresenta la sua famiglia, unico contatto reale e affettivo con il passato, ma anche con il presente. E il funzionario lo sa: nell’interpretazione di Storti è evidente il dissidio interiore tra il funzionario, che deve applicare la legge, e l’uomo, con le sue emozioni e la sua empatia. “Il personaggio è vittima anche lui del sistema burocratico e non ha abbastanza coraggio per cambiare la situazione. È stato interessante raccontarlo soprattutto con sguardi e atteggiamenti anziché con le parole: mi ha aiutato la formazione ‘mimica’, che fa parte della mia espressività”.

Amnesty International ha patrocinato il progetto, riconoscendo da subito la rilevanza di questa storia: “Ne siamo molto orgogliosi: nei nostri progetti abbiamo spesso personaggi che si scontrano con forze invisibili che hanno un impatto devastante sui loro destini. Nel caso specifico sia ‘Respiro’ sia ‘Magic Alps’ raccontano storie vere paradossali che mettono in luce tutte le contraddizioni del sistema di accoglienza europeo”.

Il corto, prodotto da Nieminen, ha partecipato a numerosi festival in tutto il mondo (tra gli altri, è stato tra i finalisti sia del premio L’Anello Debole 2018, sia dei Nastri d’Argento 2018) e ottenuto numerosi riconoscimenti, tra cui il “Best Short” al Cervino CineMountain 2018 e l’“Audience Award” al The Wrap Shortlist Film Festival (che sul sito dà la possibilità di vederlo per intero). Dopo il caso di Said e Salimah sono stati registrati altri tre casi di migranti arrivati in Italia con animali: tre gatti, arrivati con i loro padroni da Siria e Sudan. Dopo la quarantena, sono stati ricongiunti con i loro proprietari. (Ambra Notari)

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