Terra di tutti film festival al via, tra diritti negati e migrazioni

BOLOGNA – Sarà l’anteprima de “La strada di Samouni” di Stefano Savona ad aprire, domani alle 19.45 al Cinema Lumière di Bologna, la dodicesima edizione del Terra di tutti film festival, la rassegna dedicata al cinema sociale delle ong Gvc e Cospe in calendario tra Bologna e Firenze dall’11 al 14 ottobre. “La strada di Samouni”, vincitore del Premio Oeil d’or all’ultimo Festival di Cannes come migliore documentario, è la storia della famiglia Samouni, palestinesi residente a Gaza che ogni giorno attraversavano il confine per lavorare come contadini in terra israeliana. Per farlo, Savona ha vissuto con loro alcuni mesi tra 2009 e 2010. La gestazione del documentario – che ricostruisce con l’animazione di Simone Massi le lacune nel racconto – è stata lunga: “Potrò sancire la chiusura del percorso solo quando riuscirò a proiettarlo nella Striscia. L’ho promesso”, ha annunciato il regista in occasione della conferenza stampa di presentazione del festival.

Questa edizione del festival ha preso avvio da una considerazione di Antonio Porchia: “Vedere mi è costato aprire gli occhi a tutto ciò che non vorrei vedere”. “Voci dal mondo invisibile è diventato ormai il claim del TTFF, una frase che ci consente di sottolineare come per noi sia urgente e necessario portare alla luce le storie di chi ci vive – spiegano Marina Mantini di Gvc e Jonathan Ferramola di Cospe, direttori del festival –. Quest’anno, in particolare, i confini geografici tra il mondo invisibile e quello visibile sono labili e sfumati. Temi come la discriminazione di genere, lo sfruttamento sul lavoro, la negazione dei diritti fondamentali non appartengono solo a paesi lontani, ma trovano spazio anche qui in Italia. Il Terra di tutti esiste per ribadire la priorità di valori come il rispetto dei diritti umani, la solidarietà e l’importanza dello scambio tra culture e per prendere parte accanto ai vulnerabili, ogni giorno più invisibili”.

I focus tematici attraversano in maniera trasversale l’attualità: Siria e rifugiati, accoglienza e caporalato, infanzia invisibile, cambiamenti climatici e futuro del pianeta. E poi Nicaragua, Guatemala, Gambia, Burkina Faso e altri paesi spesso dimenticati. Tante anche le voci e gli sguardi femminili: le leader colombiane in prima linea nel processo di ricostruzione democratica del paese dopo l’accordo tra il governo e le Farc (“Territorios de la Memoria”); le militanti di “Feminista” della canadese Myriam Fougère, impegnate in una carovana in giro per l’Europa per portare avanti istanze di eguaglianza e giustizia; Monica, tre volte vittima della tratta e tre volte in fuga (“Dancing with Monica” di Anja Dalhoff).

Spazio anche agli under35, come “Burkinabé Rising” di Iara Lee che racconta giovani artisti e creativi del Burkina Faso. Saranno anche proiettati tre documentari (“Nimble fingers”; “Mujeres (You’re my Mexico)” e “The Harvest”) del progetto “Fuori Campo – Una rete per il cinema dei diritti umani” a cura di Arci Movie e di Cospe onlus.

Imprescindibile la riflessione sulla Fortezza Europa – spiegano i direttori –, con il dovere di arricchire il dibattito, evitando gli slogan, e con la presunzione di cambiare i punti di vista e i pregiudizi”. Immigrazione che non è solo sbarchi e tratta (“It will be chaos”, “Il confine occidentale”), ma anche integrazione, confronto e accoglienza (“Era domani”, “The barber shop”, “Border families”). Il festival proporrà anche una riflessione sul tema “Infanzia invisibile”: quella in Gambia (“Born in Gambia”), quella di Cina (“The good education”) e quella in Medioriente (“Border families. Surviving in the Bekaa Valley”). Ma anche l’infanzia di chi nasce e cresce nella morsa dello Stato islamico (“Of fathers and sons”, già vincitore del World Cinema Grand Jury Prize Documentary al Sundance Film Festival 2018).

Una sessione sarà dedicata ai “Guardiani della terra” (giovedì 11 a Firenze, venerdì 12 a Bologna): ospite, Ananias Viana, leader e portavoce della comunità dei quilombola e protagonista, insieme alle comunità brasiliane discendenti dagli schiavi originari del continente africano, di “I Quilombos dell’Iguape: una storia di vita, di terra, di diritti” di Lula Oliveira.

Novità di quest’anno, l’apertura alle web series: “#Work_in_progress”, “9/11” e “TSS on the road: an EU Aid Volunteers webseries” del Terzo Segreto di Satira tra Nicaragua e Libano alla scoperta dei progetti di sviluppo e sostegno che Gvc porta avanti in quegli Stati: “Attraverso l’ironia speriamo che un pubblico sempre maggiore si avvicini a questi temi – spiegano Davide Bonacina e Davide Rossi del collettivo –. Speriamo di poter essere da spunto per poi approfondire questi temi”. “Abbiamo scelto il Terzo Segreto di Satira per raccontare quello che facciamo da un nuovo punto di vista – spiega Marina Mantini –. È un momento delicato per le ong e le onlus: la solidarietà e l’empatia umana vengono quotidianamente criminalizzate e condannate. Così abbiamo deciso di provare a utilizzare un linguaggio più leggero per spiegare il nostro lavoro”.

Il Terra di tutti si concluderà domenica 14 alle 19.45 al Cinema Lumière con le premiazioni. Quattro i premi in palio: il Premio Giovanni Lo Porto, il Premio Benedetto Senni, il premio “Voci di donne invisibili” sostenuto da Coop Alleanza 3.0 e il premio “Storie di giovani invisibili” sponsorizzato da EmilBanca, tutti del valore di 1000 euro ciascuno. 

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